Giochi dei romani
Anche a Roma da oltre tre secoli il gioco del lotto fa parte del tessuto della cultura e delle tradizioni popolari. Splendidi acquarelli del Pinelli e dissacranti sonetti del Belli e di Trilussa, immortalano questo gioco nell’immaginario collettivo della città. Eppure la storia del lotto a Roma non ha certo avuto facile corso. Importato clandestinamente dagli altri Stati, se ne ha notizia sin dal 1666 quando Filippo IV, re di Spagna , chiese a Papa Alessandro VII Chigi di decidere circa la liceità sul piano religioso del gioco del lotto che si stava diffondendo anche nelle sue terre.
Sua Santità bollò immediatamente il gioco, condannandolo come peccato grave e prevedendo pesanti pene ai giocatori e la reclusione per i ricevitori. Inoltre stabilì che tutti coloro che avessero comunque a che fare con il diabolico gioco fossero scomunicati “ipso facto incurrenda”. La bolla papale generò grande malcontento tra la popolazione che aveva preso a giocare con passione ai lotti di Genova , Modena e Napoli.
La posizione di Papa Alessandro VII fu per confermata prima da Innocenzo XI Odescalchi , che emanò due bolle di divieto nel 1676 e nel 1685, e poi da Innocenzo XII Pignatelli che ribadì nel 1696 il divieto allargandolo a qualsiasi altra forma di scommessa. Nonostante queste decise proibizioni il gioco del lotto clandestino a Roma prosperò in maniera sempre più ampia. Clemente XI Albani pensò allora di ridiscutere tali divieti ed affidò la questione ad un’apposita congregazione di teologi e canonisti che dopo “diligente discussione” giunsero alla conclusione che “non si doveva permettere n in Roma n altrove dello Stato Ecclesiastico l´uso di simili giochi, se non sotto le condizioni e cautele e con il regolamento della medesima congregazione proposto e insinuato”.
Come dire che il gioco del lotto sarebbe potuto diventare legale solo se gestito dallo Stato Pontificio . Nel 1721, a seguito di tale illuminato parere, Papa Innocenzo XIII permise l´introduzione del gioco.
Interessante notare che nell´editto veniva stabilito che”nessuno dovesse ardire a giocare ai Lotti di Genova, Milano , Venezia e Napoli o a qualunque altro, tanto dentro che fuori dallo Stato Ecclesiastico”. L’abilità dei Papi di dettare un’attenta politica finanziaria trovò puntuale conferma anche nel campo del lotto. La gestione del gioco venne infatti data in appalto a privati a condizione che le vincite per ambo e terno fossero maggiori di quelle riservate ai vincitori di altri Stati, rispettivamente del 20% e dell´80%. Avendo brillantemente risolto i problemi di ordine morale e religioso, il 12 dicembre 1731 Papa Clemente XII emanò l´editto con cui affermava “il ristabilimento in Roma di un nuovo gioco del Lotto” che restava per interdetto alle persone vincolate al voto di povertà, ai frati ed alle monache. L’incarico di gestire il gioco fu concesso alla congregazione dei notabili dell´Impresa de’ lotti e all´Arciconfraternita di S. Gerolamo della Carità. Anche per dare una finalità morale a tale nuova attività, il Papa stabilì che i proventi del gioco dovessero essere impiegati per assicurare ad ogni estrazione un’onorata dote a cinque povere zitelle e, naturalmente, per la creazione di un fondo destinato alla realizzazione di opere pubbliche. La scelta di affidare la concessione all´Arciconfraternita non fu causale ma dettata dal fatto che essa gi gestiva una seguitissima lotteria. Grazie a questo importante vantaggio a favore del giocatore, il gioco conobbe una vera e propria esplosione, anche per il forte afflusso di giocate provenienti da territori stranieri. Per dopo appena quattro anni, nel 1725, Papa Benedetto XIII, subito dopo la sua successione a Papa Innocenzo XIII, cancellò quanto fatto dal suo predecessore emanando tre diversi editti che tornarono a vietare il lotto a Roma. Nonostante il divieto, i sudditi papali continuarono a giocare al lotto sia a Roma (con il lotto clandestino), sia soprattutto partecipando ai lotti stranieri. Questo fenomeno indusse il Papa ad emanare una costituzione, datata 12 agosto 1727, che prevedeva nuove pene spirituali, oltre quelle temporali previste dai precedenti tre editti. Gli ecclesiastici sorpresi a giocare al lotto venivano sospesi “a divinis” mentre era prevista la scomunica per i sudditi. Inoltre per tale reato non era consentito ai confessori concedere l´assoluzione se non in punto di morte e direttamente dal Papa o a seguito di sua espressa autorizzazione. Per fortuna le anime dei romani restarono in pericolo solo quattro anni perché nel 1731 la liceità del gioco del lotto venne prontamente ristabilita. Papa Clemente XII decise di reintrodurlo al fine di trovare i fondi necessari per costruire una grande fontana al termine dell´acquedotto dell´acqua Vergine, uno dei più importanti tra quelli che portavano l´acqua a Roma, fatto costruire nel 19 a.C. da Marco Vispanio Agrippa lo stesso che fece erigere il Pantheon. Di l a poco, grazie ai proventi del lotto, sarebbe nata la fontana di Trevi , la fontana più famosa del mondo. Inutile dire infatti che per realizzare il grandioso progetto pontificio occorrevano ingenti quantità di denaro. In quegli anni le casse vaticane erano per particolarmente dissestate. A complicare le cose stava il fatto increscioso che, come detto, solo sei anni prima Papa Benedetto XIII ne aveva sancito l´assoluto divieto. Per non avere rimorsi di coscienza ma soprattutto per evitare di cadere in aperta contraddizione con il suo predecessore, Clemente istituì una commissione “ad hoc” con il compito di esaminare nuovamente i vari aspetti legati al gioco, non ultimi quelli religiosi. Dal Lotto i fondi per la fontana di Trevi I lavori della commissione non durarono a lungo, anche perché il Papa aveva fretta di aprire il cantiere per la nuova fontana. La congregazione diede ovviamente parere favorevole al ristabilimento del gioco. E’ assai interessante sintetizzare i motivi, alcuni dei quali anche di natura religiosa, che spinsero il Papa a dare seguito alle richieste del popolo: a) il gioco poteva essere reintrodotto in quanto vi era allora stato un eminente parere di un’apposita congregazione; b) tutte le precedenti proibizioni non avevano sortito grandi effetti; c) era grande il rischio per i numerosissimi giocatori di andare incontro non solo alle sanzioni previste dalla legge ma anche alla possibilità che i gestori clandestini li defraudassero della vincita, soprattutto se questa era particolarmente elevata; d) la sincera afflizione del Santo Padre nel sapere che migliaia di suoi fedeli andavano incontro alla dannazione della loro anima, pur se molti confessori non davano corso alle disposizioni papali assolvendo ugualmente i giocatori pentiti; e) la grande fuga di denaro dalle casse dello Stato Pontificio verso le casse degli Stati stranieri. Tanto più che con il provvedimento concessorio di Papa Innocenzo XIII si era potuto invertire il flusso, in quanto il lotto a Roma prevedeva quote per l´ambo e per il terno notevolmente superiori a quelle praticate in altri Stati e questo faceva affluire ingenti somme di denaro dall´estero verso il lotto di Roma; f) durante la gestione statale del lotto si era potuto verificare che questo assicurava l´onesto sostentamento di oltre quattrocento famiglie. Riportiamo l´interessante descrizione ad opera del Clementi della prima estrazione del nuovo lotto effettuata in data 14 febbraio 1732 in piazza del Campidoglio a differenza della precedente gestione che la effettuava a piazza Montecitorio: “Figurarsi l´attesa del popolino al quale per non mancava un immediato sconforto. Aperti i botteghini per il nuovo gioco, un gerente se ne fuggiva con 400 scudi riscossi dai giocatori! Fu la prima… vincita al Lotto! La prima estrazione, eseguita il 14 febbraio, giovedì precedente al primo sabato di Carnevale, era organizzata come una grande solennità. Sulla piazza del Campidoglio era stato eretto un palco, ornato di velluti, sul quale prendeva posto il Commissario con i chierici della Camera. Per il bussolo posava sul tavolo alla volta del pubblico una bella urna di rame inargentata. Le palle furono deposte nell´urna da un uomo di gran voce, vestito con zimarra paonazza, che diceva i numeri innanzi al popolo. Tanta era la folla accorsa per assistere all´estrazione che gremiva non solo la piazza del Campidoglio e la scalinata ma si stendeva fino al palazzo Astalli. Un fanciullo degli orfanelli estrasse 5 palle dall´urna e ne disse al popolo i numeri che per la storia furono i seguenti: 56 – 54 – 18 – 6 – 23. Si immagina la gazzarra dei vincitori, per i quali il Carnevale non poteva inaugurarsi sotto auspici migliori. Naturalmente non mancò chi subito approfittasse del gioco del lotto per inaugurare una piccola speculazione cabalistica”. L’operazione ebbe un notevole successo. Infatti, sin dalla terza estrazione, il governo pontificio centrò il suo obiettivo assicurandosi le entrate fiscali necessarie per dare corso ai lavori. Il 12 maggio 1732 Papa Clemente potò quindi stanziare i primi finanziamenti per la costruzione della fontana di Trevi. Lo apprendiamo dalla lettura di un manoscritto del 2 ottobre dello stesso anno redatto di pugno da Papa Clemente XII: “Abbiamo per detta opera assegnata la somma di scudi 17.647,71 ritratta dal sopravanzo della terza estrazione del lotto di Roma del 12 maggio prossimo passato”. Nel 1737, poichè anche altri Stati, avevano aumentato i premi per l´ambo ed il terno allineandoli a quelli di Roma, si cercò di attirare l´attenzione, ridestando l´interesse dei giocatori con un’operazione finanziaria che consisteva nel riconcedere, seppur in un nuovo modo, l´appalto del lotto. Furono così posti in vendita 20.000 carati, o porzioni, di 50 scudi ognuno. Il milione di scudi ricavato doveva essere suddiviso in questo modo: 300.000 scudi a disposizione del Papa, per lo Stato e per qualsiasi urgenza di Roma: 700.000 scudi al monte di pietà. Quest’ultima cifra sarebbe servita nella somma di 100.000 scudi per il pagamento delle vincite del gioco qualora non fosse stato sufficiente l´incasso delle puntate; i restanti 600.000 scudi sarebbero stati investiti come riserva di gioco (se ad esempio il lotto fosse stato un giorno proibito, questa cifra, ed i proventi derivati dagli investimenti con essa compiuti, sarebbero stati divisi fra i caratisti). Ai possessori di questi carati spettavano i due terzi degli utili netti ed anche gli interessi derivati dai suddetti investimenti nella cifra in cui avessero superato il milione di scudi. Ciò garantiva un fondo permanente di notevole entità e di conseguenza annullava qualsiasi possibilità di rischio sia per i caratisti che per lo Stato. Nel 1770 Pio VI decise di tornare al sistema della gestione centralizzata assunta dalla Reverenda Camera, con la solita sovraintendenza della Tesoreria Generale. Risulta che nel 1785, sempre sotto Pio VI, gli utili derivati dal lotto contribuirono alla bonifica delle Paludi Pontine. A seguito dell´occupazione francese nel 1811, durante la quale si consumò la grande “offesa” che vide l´arresto di Papa Pio VII Chiaramonti, il lotto continuò senza interruzioni. Cambi solo la sede ove avvenivano le estrazioni. Dalla piazza del Campidoglio si spostò l´urna nella Chiesa delle Suore Benedettine della S.S. Concezione di Maria in Campo Marzio. Interessante notare come furono cambiati i tempi in cui il lotto era malvisto dal Governo, se è vero che l´estrazione avveniva proprio sull´altare maggiore ed i numeri estratti venivano affissi sulla facciata esterna della chiesa. Al ritorno del Papa, l´estrazione fu nuovamente spostata in piazza Montecitorio ed il gioco cambi nome denominandosi “Gioco del Lotto di Roma e Toscana”. L’estrazioni da nove salirono a 48: 24 si svolgevano a Roma e 24 in Toscana, ed il giorno dell´estrazione venne fissato il sabato alle ore 12.00.